Verso la modernità del PD: una proposta

Il PD senza posizione unitaria sulle unioni civili è un’occasione persa per costruire un partito moderno. Ma ricordiamoci che il PD è in pre-adolescenza e conosciamo tutti i travagli che iniziano a questa età!

La nascita del PD nel 2007 ha posto in essere una serie di sfide politiche ed etiche prima sconosciute dovute all’incontro di culture politiche diverse per storia, radici e tradizioni, tutte portatrici di importanti valori. Fino a quel momento quelle diverse culture politiche avevano trovato la sintesi in una dialettica che seguiva gli schemi dei rapporti di coalizione: erano, quegli schemi – ma si può dire che lo sono ancora – più flessibili, adattabili, maneggevoli, capaci di esplicitare i percorsi tortuosi della mediazione politica alta, senza mortificare le identità di provenienza, lasciando loro l’orgoglio del compromesso realizzato.

Ora nel PD, partito grande e aperto, un partito quasi moderno, è chiara la consapevolezza che quegli schemi non sono più utilizzabili, perché la sua stessa natura richiede la responsabilità, la determinazione e la fatica di raggiungere le sintesi in un modo nuovo che dobbiamo codificare insieme.

Dirò cose anche scomode ma rilevo che il modo nuovo non può essere costruito sullo sfinimento che il leader coglie con risolutezza: l’adesione del PD al PSE mi è sembrato più figlio di quello sfinimento che l’esito di una nuova dinamica decisionale e tuttavia nel merito di questa scelta, che ho condiviso, risiedono importanti ragioni, sia nei percorsi del passato e ancor di più nelle traiettorie del futuro.

Ma non è su questo che voglio fondare la mia riflessione, sollecitata molto di più dalla categoria di leggi a cui appartiene quella sulle unioni civili. Si tratta infatti di una categoria che offrirà ulteriori argomenti sensibili su cui misurare la capacità di raggiungere delle sintesi all’interno del PD. Mi riferisco a leggi non più rinviabili come il “fine vita”, il “dopo di noi” o la revisione di leggi come la 40/2004 sulla procreazione o la 184/1983 sulle adozioni, dove possiamo superare la sterile retorica dei principi non negoziabili assumendoci le responsabilità di affrontare i problemi, riconoscendo il migliore bene possibile per persone e comunità.

Non funziona in questi casi per il PD non raggiungere la sintesi, invocando l’Aula e la sua sovranità.

Non regge già oggi anche per motivi contingenti, ma sicuramente non reggerà domani nello schema istituzionale che abbiamo disegnato con le riforme che abbiamo proposto.

Oggi i motivi contingenti sono legati alla mancata considerazione delle diverse dinamiche tra Camera e Senato: dalla Camera escono leggi che sono manifesti al limite dell’ideologico e poi al Senato si bloccano per evidenti problemi di “condizioni parlamentari”.

Ed ecco il paradosso che voglio sottolineare per focalizzare meglio l’argomento: concettualmente il “Cirinnà2” è la sintesi del PD ma come è scritto non è l’esito di quel modo nuovo di raggiungere la sintesi che il PD deve codificare per diventare definitivamente un partito moderno e trascinare così, nella modernità, l’Italia. Qualcuno mi ha detto: “bisognava fare un lavoro diverso“…. Ecco.

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