Dopo i funerali di Stato trasformati dal Governo in una passerella elettorale, dopo la gara all’applausometro tra i vicepresidenti del Consiglio e i parlamentari del centrosinistra, dopo la composta cerimonia di una Città raccontata come invece arena del consenso da giornali e tv, i ruderi del Ponte Morandi a Genova restano lì come tragico richiamo soprattutto alla politica.
Dopo il dolore manipolato come gara di popolarità, dopo i tweet forsennati per abbattere la commozione, dopo i selfie più adatti a una boy band che a un ministro della Repubblica, i ruderi del Ponte Morandi a Genova restano lì, distrutti ancor di più dalle polemiche, dagli annunci improbabili e dalle vere questioni drammaticamente economiche ora da gestire e programmare.
Dopo i giorni dell’emergenza in cui il Paese, la sua organizzazione dei soccorsi e la consolidata rete di solidarietà sono riusciti, nonostante tutto, a volare più alto dell’immagine politica di chi ne dovrebbe curare la responsabilità, i ruderi del Ponte Morandi a Genova restano lì. Noi del Partito Democratico, sperando che Governo e maggioranza abbiano superato l’infantilismo da reality show, siamo pronti a lavorare insieme per progettare nel metodo e nel merito una vera, seria, credibile, ricostruzione.