ITALICUM IN DISCUSSIONE AL SENATO, IL MIO INTERVENTO IN AULA

Con la nuova legge elettorale garantiremo governabilità al Paese, superando il Porcellum e le sue storture, ma, soprattutto, chiuderemo l’epoca delle riforme mancate, degli eterni rinvii. I cittadini aspettano risposte per tornare a sperare e recuperare fiducia nel futuro. Il senso della Politica è tutto qui.

Ecco il mio intervento in Aula, in occasione della discussione sul’Italicum, nel corso della seduta pomeridiana del 14 gennaio:

Signor Presidente, onorevoli colleghi, ministro Boschi, il confronto che sta avvenendo in Aula è ricco di spunti interessanti e di punti di vista che hanno dato la chiara sensazione che abbiamo di fronte un passaggio storico, che cambia la storia di questo Paese. Difficilmente i cambiamenti importanti avvengono facilmente. Avvengono sempre in un clima dove le contraddizioni si evidenziano e dove lo scontro spesso diventa importante. Ma qual è la storia di questo Paese? Negli ultimi decenni è una storia di riforme sempre mancate. E’ una storia di soluzioni ai problemi mai trovati. In definitiva, è una storia di continui rinvii. La riforma, in realtà, era un rinvio. La soluzione era un rinvio. Vera in tutto o in parte, questa è l’immagine che si è sedimentata presso tutti i cittadini ma anche presso le istituzioni europee, che continuano a subordinare i loro giudizi sull’Italia alla realizzazione delle riforme. A noi, poi, che occupiamo oggi questi scranni, e a coloro prima di noi, è stato maggiormente presente il richiamo del Capo dello Stato, che in modo più specifico ha posto il tema delle riforme istituzionali e della modifica della legge elettorale. E vale, per questa occasione, occupare parte di quest’intervento per sottolineare gli elementi di fondo di un percorso politico che stiamo seguendo con determinazione affinché questa legislatura sia realmente riformatrice. Innanzitutto, dobbiamo dire grazie a questo Governo. Chi tra noi crede veramente che, dopo legislature intere dove nessuna interferenza è venuta dai Governi all’iniziativa autonoma dei vari Parlamenti che si sono succeduti e che non hanno prodotto alcun cambiamento, questa volta, invece, questo Parlamento da solo ce l’avrebbe fatta? Oggi va riconosciuto che non saremmo al punto in cui siamo se non ci fosse stata la spinta coraggiosa di questo Governo, che ha preso l’abbrivio dalla rinnovata azione del Partito Democratico, che ha ristabilito delle condizioni di prospettiva politica e di governo per l’Italia. Queste sono risultate convincenti: innanzitutto per i cittadini, che ce lo hanno segnalato con il loro voto; ma soprattutto per noi parlamentari, che abbiamo trovato il contesto per esercitare la nostra responsabilità e il nostro mandato dentro un disegno di riforme impegnativo e di valore. Le pagine di vita parlamentare che hanno ritmato gli esiti del nostro lavoro, e che sono state definite in quest’Aula anche con parole quasi offensive, rappresentano invece la voglia di dare esito ad un percorso che consentirà – credo a tutti noi, ciascuno con le proprie differenze – di tornare a guardare in faccia i cittadini che ci hanno votato, perchè abbiamo fatto quello che avevamo detto che avremmo fatto. Non c’è sudditanza, non c’è ricatto, non c’è autoritarismo, non c’è narcisismo: c’è invece responsabilità, che si esprime anche nella capacità di sintesi. Stiamo portando avanti un disegno dentro ad un accordo politico di fondo che si fa carico, giustamente, della ricerca di consensi più ampi della maggioranza di Governo. Tra chi oggi storce il naso per questo, c’è chi, solo un anno e mezzo fa, non aveva problemi a condividere anche il Governo, e non solo le riforme, con questo largo arco di forze politiche che sta sostenendo l’azione riformatrice. L’accordo politico condiviso nelle sue caratteristiche fondamentali si precisa poi per approssimazioni successive, rendendo coerenti le riforme delle istituzioni dello Stato e le regole che sovrintendono alla formazione della rappresentanza, qual è appunto la legge elettorale, in un percorso che gestisce l’alternanza di valutazione delle due Camere, in tempi diversi e con percorsi anche differenziati. Ecco quello che stiamo facendo al momento presente: in questo momento, lo possiamo cogliere chiaramente per la contestuale votazione, in corso alla Camera dei deputati, sulla riforma della Costituzione. La lettura della fase parlamentare si completa considerando che la complessità di questo percorso è tale per cui è facilissimo misurare l’approccio costruttivo e responsabile distinguendolo dalla strumentalità dilatoria, specie se, sgombrato il campo da presunte questioni di libertà di coscienza relative alla materia elettorale, non si riconosca fino in fondo quanto risulti modificato – o, più precisamente, migliorato – l’Italicum approvato alla Camera: le soglie sono modificate in modo adeguato sia in alto, per il ballottaggio, sia in basso, per l’ingresso; i listini corti bloccati, già in linea con la sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 2014, sono resi misti con il solo capolista indicato sulla scheda e la possibile espressione di due preferenze per genere; una riduzione dei collegi in equilibrio con una dimensione regolata delle candidature multiple e capaci di garantire una rappresentanza plurale dei territori; il premio alla lista e non alla coalizione. Distinguendo gli aspetti fondamentali da quelli più tecnici, sempre aggiustabili, credo quindi vi sia una convincente sostenibilità del disegno complessivo delle riforme e della legge elettorale, che insieme reinterpretano il parlamentarismo italiano, temperando rappresentanza e governabilità ed elevando la voce dei governi dei territori nel nuovo Senato. Si tratta di un disegno che chiama innanzitutto i partiti ad affrontare il tema dell’essere adeguati alle sfide del nostro tempo, in una società articolata e complessa, in cui la voglia di comunità si mescola a paure e indifferenza, in modo che si rendano capaci di ricostruire i legami con i cittadini, e non solo attraverso l’idea che l’espressione delle preferenze rappresenti la soluzione. Le basse affluenze alle recenti elezioni regionali si sono registrate a fronte di leggi elettorali basate unicamente sulle preferenze. Eppure, il problema della partecipazione esiste ed è davanti a tutti i partiti. Ecco, mi fermo qui, nella convinzione che gli aspetti di contesto e di disegno complessivo che ho sottolineato siano importanti per dare a tutti noi il senso del ruolo che stiamo svolgendo in quest’Aula e del lavoro che stiamo portando avanti, spesso faticosamente, nella quotidianità, giorno per giorno. Vi è invece un bisogno complessivo ed importante che oggi è sulle spalle nostre, su questo Parlamento, su questa maggioranza e su tutti noi: credo possiamo veramente ridare autorevolezza alla politica, affrontando fino in fondo questi temi e arrivando ad una soluzione condivisa.

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