MARE NOSTRUM O MARE VOSTRUM? SOS PER BRUXELLES

di Fabrizio Fastelli – Negli ultimi mesi, nel Mar Mediterraneo meridionale, stiamo assistendo a spettacoli indecenti che non possono avere luogo nelle acque di un continente che ha costruito la propria prosperità sui diritti fondamentali e sulle libertà dell’essere umano.

Basta guardare i dati dei nuovi sbarcati nelle coste italiane per capire che si tratta di migrazioni forzate e non di migranti economici: Eritrea, Siria, Mali, Nigeria; sono tutti paesi sconquassati da conflitti violenti armati e da situazioni di crisi umanitaria, in cui le libertà fondamentali dei cittadini sono ordinariamente minacciate e soppresse e dove la Comunità internazionale non riesce a intervenire in modo efficace.

Mentre a Bruxelles e a Strasburgo si discuteva del regolamento Dublino III e di come rifinanziare Frontex e i nuovi strumenti di controllo delle frontiere esterne, il governo italiano, grazie all’operazione Mare Nostrum e all’encomiabile lavoro della Marina Militare, ha salvato migliaia di vite umane e non ha voltato le spalle alla disperazione.

I paesi euro-mediterranei, essendo luogo di frontiera con il continente africano, sono sollecitati dai flussi migratori in forma maggiore rispetto ai paesi nordici e della Mittel-Europa, i quali vantano modelli di welfare e di integrazione all’avanguardia, ma mai si trovano a fronteggiare situazioni di emergenza come approdi di miglia di migranti in una porzione di territorio ridotta, vedi Lampedusa.

L’operazione mare Nostrum rimanda a un senso di desolazione e di frustrazione continua: è inaccettabile che i restanti 27 paesi dell’Unione Europea non vogliano partecipare e sostenere un’operazione di carattere umanitario della quale la sola Italia non può continuare interamente a farsi carico per la caratura internazionale del tema e, per questo, il governo Renzi porterà con forza sul tavolo la questione al prossimo Consiglio Europeo fissato per il 27 giugno.

L’Europa non può essere solo unione monetaria ed economica, non può interessarsi solo di mercato e finanza, pesca e agricoltura, ma deve ritrovare la sua tradizione storico-culturale che l’ha resa grande del mondo, ossia la difesa dei diritti umani e i principi alla base dei trattati che l’hanno costituita, come la sussidiarietà e la solidarietà tra i paesi membri.

Le recenti politiche europee in materia d’immigrazione hanno trasformato le rotte migratorie verso l’Europa in uno scenario da Giochi senza frontiere; i governi di centrodestra che hanno governato i paesi dell’Europa Meridionale hanno fatto prevalere l’ideologia e la paura sul buonsenso e la ragione.

L’appalto del controllo delle frontiere a dittatori e sovrani nordafricani corrotti non ha portato i risultati sperati; gli sbarchi non sono diminuiti e i trafficanti hanno lucrato miliardi di euro sulla pelle dei nuovi schiavi migranti. La logica della chiusura e l’ottica securitaria della gestione del fenomeno migratorio ha accresciuto la rabbia e l’indifferenza tra i cittadini europei verso gli stranieri e ha disintegrato anziché integrare.

Adesso il partito democratico è l’azionista di maggioranza del Partito socialista europeo; occorre mettere subito al centro del semestre europeo la questione migratoria. La nuova Cabina di regia del controllo del fenomeno migratorio non può più essere a Roma, deve essere a Bruxelles.

E’ opportuno studiare subito un nuovo approccio di gestione maggiormente integrato: creare nuovi percorsi per la migrazione regolare, rivedendo il sistema dei visti Schengen per disincentivare i flussi irregolari, installare un vero e proprio sistema di asilo europeo, rivisitando il regolamento Dublino III e studiando un sistema di ripartizione delle accoglienze nei paesi membri, rafforzare la cooperazione internazionale con i paesi in via di sviluppo, potenziare le risorse per accogliere con più dignità i migranti vulnerabili e combattere con forza i trafficanti di essere umani. Questa deve essere la nuova ricetta per tentare di approcciarsi alla questione con più serietà e meno demagogia.

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