RIFORME, CAMBIANO I NUMERI IN COMMISSIONE

europaquotidiano.it – Il gruppo di Per l’Italia sostituisce Mario Mauro, che finora si era mostrato critico con la proposta dell’esecutivo. La maggioranza diventa autosufficiente: un’arma in più contro Berlusconi per indurlo all’accordo

Per il presidente dei senatori di Per l’Italia, Lucio Romano, si tratta di una decisione che rispecchia «la posizione maggioritaria del gruppo». Per il diretto interessato, invece, è un provvedimento «in pieno stile di purga staliniana», richiesto dal governo per facilitare il percorso delle riforme a palazzo Madama. Fatto sta che l’ex ministro Mario Mauro è stato estromesso dalla commissione affari costituzionali del senato su decisione dei suoi colleghi di partito, per sostituirlo con lo stesso Romano.

Cosa c’entrano le riforme? È presto detto: Mauro, infatti, era considerato l’ago della bilancia nel caso in cui il disegno di legge costituzionale sul nuovo senato e il Titolo V non ricevesse l’appoggio di Forza Italia. E questo ago, per il momento, propendeva esplicitamente verso il no alla proposta del governo, dando più forza anche ai “dissidenti” del Pd, capitanati da Vannino Chiti e rappresentati in commissione da Corradino Mineo. Adesso, la maggioranza sarebbe in grado di approvare il testo, anche senza il sì dei berlusconiani. Più che una volontà concreta di autosufficienza, sempre negata da Renzi, una pistola carica pronta a sparare.

«È un fatto molto grave che la dice lunga sul metodo con cui il governo persegue il fatto che tutte le forze politiche partecipino liberamente alla modifica della Costituzione», ha accusato Mauro in una conferenza stampa organizzata appositamente per denunciare la presunta «imboscata», dietro la quale ci sarebbe «una manina, o manona», con chiaro riferimento al premier Renzi. Romano, invece, sottolinea come si sia arrivati a questa decisione solo dopo «un serrato e serio confronto sulla posizione del gruppo in merito al disegno di legge di riforma costituzionale in esame in commissione». Dentro Per l’Italia, quindi, è prevalsa con sei voti favorevoli contro un solo contrario la linea più filo-governativa, che ha reso inevitabile la sostituzione dell’unico rappresentante del gruppo in commissione. E le indiscrezioni parlano anche di un duro battibecco tra Mauro e Casini, che sarebbe stato il promotore della sostituzione all’interno del gruppo.

Un avvicendamento, ma del tutto indolore, si è verificato anche nel gruppo del Pd, dove la renziana Isabella De Monte, recentemente eletta al parlamento europeo, ha lasciato il posto a un altro renziano, Stefano Collina, il cui nome era circolato nei giorni scorsi come possibile sostituto di Mineo, per riequilibrare su posizioni più vicine al governo anche la componente dem della commissione.

Procede, intanto, la presentazione degli oltre quattromila emendamenti presentati in commissione. «Siamo nei tempi e siamo vicini all’accordo – ha detto il ministro Maria Elena Boschi – mancano solo le ultime cose da verificare». E però proprio oggi, 10 giugno, è scaduto il termine che lo stesso Renzi si era dato per arrivare al primo voto in senato sulla riforma costituzionale. Il ritardo c’è e sembra destinato a prolungarsi, almeno finché non si arriverà a rinsaldare l’asse complessivo sulle riforme tra palazzo Chigi e FI. Con i nuovi equilibri in commissione, il premier avrà dalla sua anche la forza dei numeri per accelerare la ricerca di un testo condiviso.

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